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Le cose

15 aprile 2023

Le cose morte.

Morte.

Cose. Le cose.

Le cose morte. La morte. La morte delle cose.

Morte, parola aspra. La morte di chi ami fa male per sempre, finché sei vivo. Le cose che rimangono si possono toccare, annusare, appoggiare sulla guancia, indossare, gettare nel cestino. Le cose che rimangono sono tutto ciò che resta di toccabile e osservabile. Le cose che restano non so dove metterle. Alcune le ho riposte su una mensola dove, verso il tramonto, un raggio di sole che penetra dalla finestra le illumina. Le ho messe in bella mostra, ma soltanto io so che cosa significano quei tre libri con un segnalibro all’interno, appoggiati vicino a un piccolo tucano di legno colorato. Soltanto io so che cosa significa quel tucano che mi pare di aver sempre visto sulle mensole. Sulle mensole di altre case.

Cose. Le cose non sono morte perché non sono mai state vive. Eppure le cose, nel momento in cui esprimono un ricordo profondo che pesca in fondo ai meandri della vita intera, si animano come di una specie di vita. E questo è molto importante, o forse, è abbastanza importante, semplicemente perché è l’unica cosa che resta, oltre a tutti gli innumerevoli ricordi racchiusi nelle sinapsi del cervello. È abbastanza importante perché succede di pensare a quelle cose e di amarle, come se le cose in se stesse rappresentassero la persona perduta
Morte.
Morte è qualcosa di così forte quando ti priva di una persona amata, che poi succede di pensare alla propria quasi con indifferenza. È tutto cambiato. Io sono cambiata. Non penso più come prima. Non ho più pazienza. Alcune cose che facevo e che prima mi interessavano, adesso non mi interessano più. Altre mi interessano ancora. Altre mi interessano ancora ma le faccio in un modo diverso, anche se talvolta con meno cura. Altre le faccio comunque con cura, ma ho l’impressione di farle in modo diverso, come se fosse la prima volta che le faccio. Per esempio oggi ho messo delle nuove piante in alcuni vasi e l’ho fatto con una certa cura, mi è sempre piaciuto molto farlo, ma è come se lo facessi con una certa indifferenza, come se una parte di me non partecipasse fino in fondo. Ma lascio comunque che il mio cervello i miei occhi e il mio olfatto scelgano i fiori e le piante, e lascio comunque che le mie mani le mettano nei vasi a dimorare. Li lascio fare mentre una parte di me è lì che osserva. E’ lì che si guarda la scena, ma sa che quel cervello e occhi e olfatto sono i suoi.

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