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La noia

17 dicembre 2015
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F. Boucher, Mme Pompadour

No, no che non m’annoio! Rubo questo verso immortale per esprimere la mia temporanea rassegnazione verso uno status quo così candidamente impantanato nella sua immobilità, così poco equo e solidale, che quasi mi farebbe tenerezza – come un’anima perduta, da soccorrere – se non avesse invece il potere di schiacciare e limitare e ferire senza una giusta causa.

Mi domando quindi se dovrei esercitare benevolenza o comprensione verso una comunità di lavoratori che si annoia, ma non vuole che si sappia, e così pretende che nessuno dei suoi componenti possa manifestare abbastanza interesse, poichè rivelerebbe lo stato di tedio di tutti gli altri. Questo comportamento ci confessa che quella propensione crea loro imbarazzo (altrimenti, chissenefrega, no? Tanto, nessuno li sposta da lì); ci rivela che c’è una forma di lealtà verso la propria immagine di professionisti: manteniamo un profilo decente, echeccazzo! In un simile quadro, non sono ammesse le eccezioni, in nessun senso: è una costruzione fragile. Non sono possibili le più lievi espressioni di differenza, di diversa impostazione, di altra genesi. Non sono ammesse le parole. Sono bandite quelle di troppo.

Ma sul tavolo di questo gioco non ci sono solo le mie aspirazioni, la mia volontà di fare in un certo modo o in un altro. Ci sono delle difficoltà quotidiane assurde, se rapportate alla logica che le permette, se penso come fosse accessibile e indolore la soluzione per evitarle. Qualsiasi soluzione era però in contrasto con una gestione di tipo personalistico, tristemente contratta su di sè, che si fa baluardo di un suo ordinamento, come se il solo fatto di riferirsi ad un modello ordinato possa costituire l’applicazione di un sistema equo, nel quale evidentemente quella maggioranza non crede. Già, quella maggioranza in passato ha sofferto di un sistema ingiusto e punitivo. E allora oggi, che crede di aver raggiunto il miglior stato di libertà, non può fare a meno di sminuire le problematiche altrui, incapace di pensare e agire in modo costruttivo, incapace di rendersi conto che ogni generazione ha le sue croci.

Queste considerazioni riguardano in fondo soltanto la mia coscienza. Ho la tendenza a sopportare, alla fine, perchè non ho la forza di riconoscere sulla mia epidermide il male che soffro (ognuno di noi soffre un suo proprio male per la stessa cosa); temo di soccombere, e mi atteggio a non soffrire. Di tutto, mi fa male l’evidenza degli equivoci che le parole altrui possono suscitare e la forza che quelle parole possono esercitare per deviare il corso della comprensione, per guidare forzosamente la maggioranza verso un obiettivo, occultando la realtà, il vero motivo del contendere – che è appunto quella noia di cui parlavo prima.

Non si può aspettare, è necessario esporsi, e molto di più di quanto la mia indole non mi suggerisca. Non possiamo attendere il ricambio delle generazioni. L’immobilità spegne l’interesse verso ogni cosa e permea la vita di un’istituzione in modi subdoli, conducendola alla decadenza. Sempre è in agguato (per chi detiene il potere e la sicurezza, naturalmente) quello stato mentale che porta a dire dopo di me, il diluvio!

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Riesco comunque a suonare note speciali, opportune, persino allegre. Nei momenti solitari, proprio in quell’esilio in cui le aspirazioni sembrano non aver più posto, più aria da respirare, sommerse dall’apparente cecità, dall’omertà di quelli che, impegnati a ringraziare dei passati e continui reciproci favori, si ergono a difesa del proprio diritto di non apparire annoiati, proprio allora quelle aspirazioni respirano e fervono,  immaginano soluzioni e non (si) disperano.

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6 commenti leave one →
  1. monicavannucchi permalink
    20 dicembre 2015 23:49

    …che dirti di più se non Buon Natale? e ti abbraccio forte, m.

    • pioggiadinote permalink*
      22 dicembre 2015 23:06

      Grazie Monica, un abbraccio a te

  2. claudia permalink
    26 dicembre 2015 17:57

    Seguo l tuo blog da un annetto, ci siamo conosciute via mail e pur non conoscendoti di persona e pur non capendo nello specifico le allusioni (ma si intuiscono) ti faccio i miei piu sinceri complimenti..è sempre un piacere leggerti, leggere di una persona che affronta le situazioni e non le subisce, affronta la realtà , la analizza e cerca di essere per quanto possibile superiore, spesso ironizzando per sopportare la scaglie del male quotidiano.
    un caro augurio di buone feste
    Claudia

    • pioggiadinote permalink*
      7 gennaio 2016 00:27

      Grazie gentilissima Claudia! A volte si fatica a restare a galla, eppure concentriamo tutte le nostre forze per riuscirci, e tornare a veleggiare.
      Molti sinceri auguri per questo nuovo anno!
      Tania

  3. 26 gennaio 2016 22:37

    Scusa tania ma non ti sembra un pò troppo esagerato e presuntuso scrivere di gente che a mala pena conosci , scusa ma sputare veleno sullo stesso piatto dove mangi non mi sembra così proffessionale !!!!! Scusa ma non potevo trattenermi dal lasciare un commento…dopo anni ani ed anni di serio e duro lavoro dove non mi sono mai annoiata ne ho mai timbrato un semplice cartellino ,,,,,non ce l’ho proprio fatta a non dire la mia !!!!!! GRAZIEEEEEEE per la stima ed il rispetto, sembra che sia di moda la presunzione in questi ultimi tempi !!!!!!!

    • pioggiadinote permalink*
      26 gennaio 2016 23:11

      Cara Manuela, ecco il problema di un blog che, avendo perso l’anonimato (com’era all’inizio: anonimo), mi costringe a scrivere in modo allusivo anche quando avrei voglia di sfogare sentimenti forti: il risultato è che le allusioni non sono state comprese e che io non ho potuto nemmeno sfogarmi come avrei voluto. E’ infatti diventato uno strumento inutile a molti scopi.
      Dunque pubblico il tuo commento, come se questo fosse un blog democratico (e non vorrebbe esserlo: non ho mai molta voglia di discutere, qui; tu avresti voglia di discutere con qualcuno nel tuo diario?).
      Che posso dirti: ho scritto “corpo docente” ma mi riferivo essenzialmente ai docenti affini di categoria (degli altri non ho tempo di occuparmi!). Effettivamente la modestia non impronta granché il mio articolo: do’ un giudizio, senza tanti complimenti. D’altronde scrivo su un blog personale, non su una testata nazionale. Inoltre, ho deciso di metterla da parte, la modestia, per tempi più sereni, nei quali equità, giustizia, ascolto, lealtà, rispetto della vita personale, siano significati acquisiti e non vadano conquistati uno per uno.
      Sputare dove si mangia (sul proprio lavoro) è peccato (ma non è quello che io faccio), sputare veleno come dici tu, diciamo sui colleghi di lavoro (ovviamente non su tutti), boh, non si può? Cioè bisogna subire qualunque cosa? in nome di che? Ma tu hai letto anche il resto dell’articolo, quello in cui parlo, sempre per allusioni, di me?
      DI solito non procede, non matura, una comunità (o una relazione) in cui si sminuiscono i problemi altrui. Le cose maturano dove tutti si fanno carico di tutti. Tutti hanno senso di responsabilità, tutti analizzano. Figurati! Faccio prima a cercarmi un altro lavoro.
      Ti saluto con stima ed affetto.

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