Normandia – II
L’Huîtrière è una casetta bianca a due piani che sorge sulla spiaggia, dall’architettura semplice, con grandi vetrate divise a riquadri. E’ affiancata da vasche dove sono coltivate le ostriche, che possono così essere degustate freschissime dai fortunati avventori con un po’ di limone, pain au beurre e cidre, oppure vino bianco locale, fresco e un poco acidulo. Ma si può optare per una versione un po’ meno confortevole e più rustica nei baracchini allestiti sul lungomare, mollusco aperto e gustato lì in piedi. Non è una messinscena a misura di straniero, è proprio una façon de vivre. In queste lande della Francia tutti vanno matti per i molluschi, ingoiano le conchiglie più strane. Bigorneaux, bulots, coquilles Saint-Jacques, a crudo, oppure appena scottati ma mangiati freddi, conditi au plaisir da creme e salse all’aglio, aceto e rafano.
Non riesco ad abituarmi all’aspetto e consistenza di certe…lumache, sebbene le assaggi tutte con le migliori intenzioni.
Le lumache! Le migliori ch’io abbia mai mangiato erano procurate da Otello, idraulico comunista, con viaggi autunnali in Abruzzo, e cucinate – dopo una settimana buona di ‘spurgo’ – da Peppina casalinga comunista sua compagna, con pomodoro e peperoncino e altro-che-non-so, nella loro casa del Tiburtino Terzo quartiere popolare di Roma. Era la fine degli anni Settanta, era la fine del comunismo, era la fine del Tiburtino Terzo – ma quelle lumache erano ‘la fine del mondo’.
Chissà, se quelle di Otello e Peppina erano la fine del mondo, allora sarei riuscita ad assaggiarle! Perché con quelle di terra in generale proprio non ce la faccio. Ma a Roma negli anni settanta , almeno nei quartieri popolari, dovevano essere un piatto molto preparato e amato, credo: mio marito mi racconta di questi lunghi ‘spurghi’ nelle bacinelle di casa e si ricorda bene soprattutto dello scricchiolio della montagna di chiocciole…!