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Babel

28 luglio 2010

La volta di pietra che sovrasta il palco ha forse duemila anni, così come gli archi che incorniciano i musicisti sullo sfondo, riconoscibili dalla loro silhouette, affiancati al proprio strumento, nell’aura di luci calde. Vacillo al pensiero che al di là di questa struttura si trovi la più incantevole di tutte, il notissimo Bacino del Canopo della Villa di Adriano a Tivoli, contornato da archetti in marmo e statue ellenizzanti, definite da ombre e luci sparse nella notte. 

Lo spettacolo è degno di questa cornice superba. Sidi Larbi Cherkaoui, danzatore e coreografo belga, insieme a Damien Jalet , ha concepito una trama complessa nella quale si intrecciano lingue, voci, razze,  idee, forme. Babel (words) comincia il suo racconto  intorno alla gestualità, linguaggio vivo nelle epoche primitive ma di cui oggi restano solo delle reminescenze; poi indaga la nascita delle lingue parlate e, di conseguenza, le relazioni umane nel loro svilupparsi attraverso le vicissitudini delle incomprensioni e del ritrovarsi. Questa Babele di linguaggi e  filosofie e religioni che ne risulta, il mondo di oggi, trova una sua simbolica rappresentazione nelle geniali strutture di metallo trasportabili concepite da Antony Gormley: immensi parallelepipedi  di dimensioni diverse che spostati, ruotati, inseriti ad arte l’uno nell’altro (fino  a ricordare nella forma una specie di torre) rappresentano di volta in volta la scena e l’oggetto della scena, la linea di confine oltre/entro la quale cambiano i modi e gli usi, le lingue e le idee. Ogni possibile conflitto è considerato da Cherkaoui e Jalet come un’eventualità superabile, di ogni diversità essi cercano il punto di conciliazione: e a sostenere un messaggio di speranza come questo ci sono anche episodi buffi e leggiadri, duetti d’amore e d’intreccio non privi di sensualità.

Lo spettacolo è pensato e costruito intorno alle personalità e ai talenti dei tredici artisti, di molteplici nazionalità, danzatori versatili e preparatissimi atleticamente, alcuni acrobati o contorsionisti, e tutti dotati nella recitazione, nel mimo e nel canto. Cinque musicisti, anche loro di diverse provenienze, intrecciano a loro volta i propri linguaggi, alternando ma anche sovrapponendo canto medievale europeo e canto mediorientale (turco); a  voci sole, oppure con il sostegno di percussioni varie di origine orientale e mediorientale (tra cui il kodo) e vari tipi di cetre (medievale, orientale come il koto, ecc). Ma anche i danzatori uniscono all’occorrenza la propria voce di cantori: una delle attrici canta con voce baritonale, facendo da bordone alla linea melodica cantata da Patrizia Bovi (cantrice medievale) o dal coro costituito da tutti i danzatori, con un risultato tecnicamente convincente ed equilibrato e dall’effetto timbrico insolito e affascinante, commovente ai nostri sensi già storditi dalla generosità di uno spettacolo come questo.

 

2 commenti leave one →
  1. 2 agosto 2010 07:15

    Questa descrizione critica mi ha convinto e commosso. Ho sentito-compreso-capito cosa è successo sulla scena e in te, Tania. Grazie.

    Scrivo questo pensando al senso di fastidio che ho provato due-tre giorni fa leggendo, su repubblica.it, due articoli, di Merlo e Ceccarelli. Questi due giornalisti, nei casi a cui ripenso, erano troppo impegnati a fare letteratura per occuparsi dei teatranti e dei lettori, e invece di fare da tramite fra autori che fanno e autori che osservano, si erano messi in mezzo come un mercoledì, e se ne compiacevano.

    Critici normali: “Immaginate una linea tracciata a terra col gesso. Da una parte un regista. Dall’altra un critico. Entrambi fanno numeri per il pubblico.” (Ingmar Bergman, Lanterna magica)

    • taniapallabazzer permalink*
      2 agosto 2010 20:09

      Grazie davvero, Pasquale… Non ho letto gli articoli che citi, ma in generale sono infastidita anch’io dai ricami letterari di molti giornalisti, che amano mettere se stessi e il proprio acume al centro del pezzo critico… Poi ci sono quelli che non vanno nemmeno agli spettacoli e li recensiscono lo stesso: truffatori…alla fine c’è poca differenza.
      Non ho mai letto Lanterna magica, dovrei farlo.

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