L’indulgenza
Io sono così. Sono il risultato di quello che volevo e non volevo essere. Mi piace vedermi come una persona integra che ha deciso ogni aspetto di sé (“io mi sono educato da solo” dice Matthau in una commedia degli anni ’60, forse La strana coppia); tuttavia mi domando, quanto di ciò che io sono costituisce il riflesso, la reazione al mio vissuto e quanto è il risultato di un’autodeterminazione, di una definizione voluta e consapevole? “Non commetterò gli errori altrui, che ho dovuto subire”. Ecco l’affermazione che forgia prima di tutte le nostre intenzioni.
Allora, per rispettare quell’intenzione, attuerò una sorta di austerity, di rigore nella mia condotta, che mi consentirà di avvicinarmi a un’idea di me stessa integra, che mi rassicura, nella quale trovo giusto e sano riconoscermi. Ma poi commetterò molti errori, di cui alcuni saranno nuovi ed originali, perfettamente cuciti sulla mia personalità, mentre altri saranno proprio quelli che volevo assolutamente evitare: così sbanderò più volte ed ogni volta dovrò sterzare, anche bruscamente, per non finire nella stessa, identica voragine di quell’errore che ho pari pari subito io (la sensazione di voragine è data solamente dagli errori che avevamo stabilito di non fare fin dall’inizio, gli altri ci sembrano sempre meno gravi). Quindi sterzerò, naturalmente; ma certe volte non farò in tempo. E tutta la mia vita sarà così. Non ne uscirò mai (ovvero, solo nell’uscire dalla vita, uscirò dagli errori).
Che cosa succederebbe in me, se decidessi di commettere quei disdicevoli errori tranquillamente, senza rifletterci più di tanto? Forse ne sarei meno soggiogata; alla lunga ne commetterei di meno e non avrei più bisogno di questa continua tensione, per costruire un’idea di me il più possibile vicino al modello che ho scelto. Saprei guardarmi allo specchio senza grandi aspettative. (Ma in tal caso potrei definirli ancora errori?). Oppure no: di fronte ad uno sbaglio commesso deliberatamente, forse non mi riconoscerei più. La mia immagine di me stessa ne uscirebbe così deteriorata, che perderei il mio baricentro e toglierei senso al mio intero percorso di vita. Chissà. Rompere gli argini è sempre un’operazione piuttosto imprevedibile. Probabilmente è una delle esperienze di cui non ci si dovrebbe privare, ma rimane rischiosa.
In verità, l’errore che detiene davvero il potere di privarmi di qualcosa di vitale, è mancare d’indulgenza, specialmente verso quell’immagine che vedo riflessa davanti a me. Di fronte a certe mie mancanze, dovrei semplicemente fermarmi ed osservare, ma non togliere lo sguardo. Quest’attitudine comprensiva mi aprirebbe scenari impensabili, nei quali non potrei che accettare l’impossibilità di corrispondere ad un’idea astratta di me. E non mi accadrebbe più di detestare a tal punto i miei errori da non riconoscermi, perchè tra l’altro non sarebbe più un’immagine fissa, quella a cui vorrei corrispondere. Saprei di possedere una precisa identità costituita da tasselli mobili, un’identità sontuosa, generosa; saprei che tutto ciò che incontro al di fuori di me, dentro di me si riflette e diventa parte integrante e vera.
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Sì, l’indulgenza. Verso gli altri, verso se stessi. La critica e l’autocritica vanno bene. Ma senza esagerare, senza umiliare. E poi, anzi prima, cogliere al principio, cominciando a considerare la situazione, l’azione, il tutto e il meglio che gli altri e noi facciamo, pensiamo. Dopo verranno la critica e l’autocritica. Anche questa è indulgenza.
Essere ben disposti, quindi: accogliere a priori ogni azione, pensiero nostro e dell’altro, con interesse, attenzione, comprensione.
Cara Tania,
Sai sempre cogliere e dipingere con raffinato realismo la profonda essenza dell’animo e delle cose; l’indulgenza…come nell’immagine che hai scelto, può essere specchio di benevolenza…..verso noi stessi, e non solo!
Sì, e penso che il metro che usiamo con noi stessi lo replichiamo nel rapportarci con l’altro. Essere indulgenti non è facile perchè comporta una relativa tolleranza rispetto a modelli o regole di riferimento, e questa tolleranza crea insicurezza – quindi non ce la concediamo facilmente. E’ uno dei cardini intorno ai quali ci domandiamo dove potremmo sbagliare di meno nell’educazione dei figli e non solo. Vorremmo dei figli o dei giovani capaci di tolleranza…questo ci chiede di comportarci con loro allo stesso modo, in una misura molto difficile da definire.