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Appartenenza

23 febbraio 2019
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Non lo avrei mai creduto. Non pensavo mi avrebbe suscitato quel tipo di emozione.

Ritenevo che l’avrei semplicemente riconosciuto e mi sarei detta, ecco, lì ci sono stata, ma guarda. Ma quando, nello scorrere delle immagini, ho intravisto il suo profilo così familiare, e l’arco delle montagne, ed i loro colori cangianti con  la profondità della prospettiva;

e ancora, non appena ho scorto il delinearsi delle vette intorno al lago, disposte come la più perfetta delle cornici, ho avuto uno slancio incontenibile d’affetto.

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Un senso di gelosia, come se quell’abbraccio delle montagne dovesse esser rivolto soltanto a me e non a chiunque, mi ha attraversata e quella speciale emozione è risalita su fino al mio cuore dal ventre. E questo sentimento mi ha pervasa per diverse ore: il pensiero di quel luogo, che pareva accantonato almeno nei suoi richiami più affettivi, era tornato ad occupare il suo posto tra i desideri più vivi della mia mente.

Naturalmente, non esiste la facoltà di possedere un luogo simile. Non potrebbe mai essere di mia proprietà. Ma niente potrà mai opporsi alla mia vocazione di appartenenza. Né la distanza, né la rarità dei miei ritorni. A quello scorcio di lago, certamente appartengo, come alle sue acque e, d’intorno, alle mulattiere, ai muri delle case, ad ogni odore e ad ogni suo riflesso, persino all’umidità che pervade ogni anfratto, percorso e vissuto fin da bambina.

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