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All’ombra

25 gennaio 2015

Cartier-Bresson, Ahmedabad

§

Le ombre sono un po’ come i sogni.

Ci seguono imperterrite.

Rivelano la realtà e sono in grado di nasconderla, se vogliono.

Ci aiutano a vivere, a sopravvivere, e anche a dormire, come l’uomo all’ombra del tempio immortalato da Cartier-Bresson.

E allora di che natura siano ci importa poco!

Esse sono copia impalpabile della realtà: vere e inafferrabili, generose e piene di mistero.

(Come forse noi stessi vorremmo sentirci. Almeno ogni tanto).

Per quanto le ombre possano essere ricondotte alle semplici leggi dell’ottica, ci sarà sempre qualcosa di sfuggente nel loro aspetto. Esse fanno parte del nostro ambiente, ma appaiono e scompaiono alla vista, sono effimere e mutevoli, come può aver sperimentato qualsiasi pittore che abbia tentato di registrare la loro presenza sulla tela. (…) Noi tendiamo a concepire il mondo come stabile, anche se siamo consapevoli della molteplicità di circostanze che possono influenzare il modo in cui ci appaiono le cose; ma attribuiamo comunque al colore o alla struttura delle superfici caratteristiche di stabilità che permangano anche al di là della mutevolezza delle immagini. Diversamente accade con le ombre, perchè esse non fanno parte del mondo reale; non possiamo toccarle o afferrarle e anche nel linguaggio corrente ricorriamo spesso alla metafora dell’ombra per descrivere qualcosa di irreale. (…)

E. H. Gombrich, Ombre

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